GIULIA CAVALLERI, LA FRANCIACORTA SOGNATA
Ci sono momenti nella vita in cui ti senti leggero; mi verrebbe voglia di accendere un cubano , versarmi due dita di whisky e mettermi a fissare il cielo con aria sognante. Dopo aver intervistato Giulia Cavalleri, una donna di cui ho una stima smisurata, mi sento un blogger realizzato!
Grazie Giulia per la tua disponibilità e grazie per aver risposto alla sollecitazione sul Consorzio, so quanto ti fa male!
Dicono che c’è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare io dico che c’era un tempo sognato che bisognava sognare! (Ivano Fossati)
L’intervista
Molti produttori, anche tra coloro che producono vini di assoluto livello, soffrono di una sorta di “dipendenza da guida”, è quasi un’ossessione (quest’anno ho preso i 3 bicchieri, l’anno prossimo però voglio anche i cinque grappoli, ecc.), quasi che la legittimazione al proprio lavoro venisse solo dall’essere premiati da una guida, tu che giudizio dai di questo atteggiamento e secondo te arriverà il tempo in cui chi produce vino si affrancherà definitivamente dalle guide ,in poche parole smetterà di credere ai vari Robert Parker?
Conosco tanti produttori , mentre penso ai loro nomi li vedo, instancabili, alla ricerca del vino che si sognano la notte. Quei produttori non pensano alle guide. Inseguono il loro sogno. Anche da noi si lavora esclusivamente alla ricerca della massima espressione del prodotto dei nostri vigneti. Certo i premi fanno piacere : veder riconosciuto il tuo sforzo pubblicamente, salire su un palco, sentirti tra gli eletti… Ma non sai che piacere si prova quando aprendo la mail trovi scritto : Signora Cavalleri, ieri sera abbiamo aperto un suo vino, è stata una grande emozione. Grazie.
Ci affrancheremo o meglio si affrancheranno, ( noi quando non crediamo nell’onestà di una Guida arriviamo al punto di non fornire i campioni ) vedrai dall’ossessione del premio, perché sempre di più si capirà che non c’è giudice più serio, affidabile e onesto del proprio cliente.
Stare fuori dal Consorzio della Franciacorta è una scelta forte, che merita grande rispetto; quali sono state le motivazioni che ti hanno portato a prendere questa decisione così coraggiosa?
Lasciare il Consorzio è stata una decisione sofferta mio padre , insieme ad altri illuminati produttori, l’ha fondato, ci sentivamo parte di un gruppo solidale, teso alla realizzazione di un meraviglioso progetto. Il Consorzio di Franciacorta ha fatto grandi cose. Poi siamo diventati tanti, lo spirito iniziale è andato scemando. Tre anni fa un nuovo produttore ha costituito un’azienda, come nome ha scelto quello di un nostro vino , il nome di un vigneto da noi acquistato nell’800 , di cui abbiamo ancora l’atto di acquisto originale, per di più un nome registrato. Abbiamo chiesto al Consorzio di intervenire, di tutelarci, non volevamo ricorrere all’azione legale, volevamo risolvere la questione all’interno del nostro “club”. Ci serviva però, anche perché questa scorrettezza non creasse un precedente, che il Consorzio prendesse una posizione forte, da garante, a sottintendere che nella zona valgono sì le leggi , i discliplinari, le norme, ma anche lo spirito di colleganza, i rapporti di buon vicinato, l’etica.
Così non è stato, il Consorzio dopo brevi tentennamenti ha accolto tra i soci il nuovo produttore, votando la questione in Consiglio all’unanimità. Per noi non c’è stata altra possibilità che le dimissioni. Parlare di questa storia mi fa ancora male.
Per scrivere anche il finale ….. il Tribunale ha accolto immediatamente la nostra richiesta e oggi quel nome identifica solo ed esclusivamente un vino CAVALLERI.
C’è la sensazione, almeno in Italia, che l’Industria, nel senso più negativo del termine, fiutato l’affare, si stia appropriando di concetti come biologico e biodinamico, cioè i vini così detti naturali stanno diventando sempre più appetibili a livello commerciale con il rischio di snaturare (tanto per usare un eufemismo) tutta la filosofia che c’è dietro; Qual è la tua idea in merito?
L’industria ha spesso plagiato , le peculiarità di ciò che il piccolo produttore ottiene con la dedizione , la passione, l’impegno.
A volte questo non è stato un male, guardando ai piccoli, l’industria ha migliorato i propri prodotti, ponendo maggior attenzione alle materie prime, alla filiera, alle tecniche.
Ma per quanto riguarda i vini naturali sarà difficile che l’industria riesca ad essere totalmente credibile, perché le manca quello che sta alla base di un vino con queste caratteristiche . Come definire la naturalità ? Per me c’è solo un modo ed è la profonda conoscenza ed il rispetto di ogni singolo pezzo di terra da cui il tuo vino deriva.
L’industriale non possiede la terra in senso contadino, non scruta il cielo per anticiparne le mosse, non cammina in mezzo alle vigne per seguirne l’evoluzione , non riconosce i pregi e i limiti di ogni vigneto. Se è un industriale onesto riuscirà a fare buoni vini, forse anche tecnicamente perfetti ma non riuscirà mai a fare vini naturali, che svelano l’anima del territorio. A te e a tutti gli appassionati intermediari l’arduo compito di farlo sapere al mercato.
La Filosofia di Cavalleri
La politica aziendale di fondo è stata quella di non acquistare né uve né vini da terzi; oggi siamo tra i pochi in Franciacorta a tener fede alla scelta. Nella nostra zona, inoltre, siamo stati i primi produttori di un cru, avendo da sempre vinificato vigneto per vigneto separatamente. Siamo convinti che questa sia l’unica soluzione, seppur difficile e onerosa, che consente di ottenere qualità. Solo così, si ha a che fare con vini dei quali si conosce e si controlla il tutto: si decide l’impianto del vigneto più idoneo, si controllano e si decidono la potatura, i trattamenti fito sanitari (aderiamo da anni al Regolamento Comunitario che ci obbliga all’utilizzo di sostanze a basso impatto ambientale), si scelgono i tempi e i modi della vendemmia.
A garanzia di un lavoro ben fatto tutti i nostri vigneti sono coltivati solo ed esclusivamente da nostro personale, niente è demandato a terzi . Abbiamo sempre sostenuto e non siamo certo gli unici, che un grande vino nasce solo da una grande uva. La cantina è attrezzata con le migliori macchine: presse a polmone Willmes fin dal 1991, vasche in acciaio e fermentini a temperatura controllata, le migliori barriques francesi: e ogni passaggio è controllato, registrato e verificato. Ciò che oggi si comincia a considerare fondamentale, la tracciabilità, è per noi una prerogativa antica. In nome della qualità, la famiglia è spesso chiamata a prendere difficili decisioni: decisioni che hanno a che fare con parole quali: investire, selezionare, scartare, rinunciare. Siamo orgogliosi di essere una piccola realtà di viticoltori, artigiani, contadini e tali vogliamo rimanere, In controtendenza con la teoria imperante della globalizzazione anche nel vino.
Michelangelo Tagliente