Due parole sul Lacrima di Morro d’Alba, tesoro nascosto delle colline marchigiane
In principio c’era questo vitigno strano, dalle bacche scurissime, quasi nere, aromatico, profumatissimo. Arrivato sulle colline a nord-ovest di Ancona chissà come – ma probabilmente via mare dalla Grecia, come per tante altre cose del capoluogo regionale, non a caso chiamato anche “città dorica” – era conosciuto bene dai contadini dell’areale di Morro d’Alba, piccolo, grazioso paesino alle spalle di Senigallia.
Conosciuto e riconosciuto facilmente in vigna per la sua caratteristica di rompersi facilmente a fine maturazione, e dunque “lacrimare”, con tutti gli annessi e connessi viticoli del genere: essenziale centrare la data della vendemmia, massima attenzione verso gli attacchi fungini, eccetera.
Vitigno difficile in vigna dunque, ma capace di tradursi in vino dal carattere unico: scuro, quasi viola al colore, dalla fragranza olfattiva che riesce a raggiungere livelli difficilmente immaginabili, con quel tannino sottile e amarognolo.
E quell’inconfondibile profumo di rosa rossa, cardamomo e muschio.
Vino da zuppe di pesce per eccellenza, trova nell’accostamento al brodetto il proprio apice organolettico.
Provare per credere!