Vini aromatizzati, un piccolo regno lontano dalla passione enofila
Anche se non molto consoni al palato delle generazioni più giovani – ma con alcune notevoli eccezioni su cui ci soffermeremo – i vini aromatizzati sono una categoria di prodotti che si può definire “trasversale”, accomunata dalla aggiunta di sostanze aromatizzanti durante la lavorazione.
La principale distinzione da compiere all’interno di questa grande famiglia è tra vini aromatizzati non fortificati e vini aromatizzati fortificati.
I VINI AROMATIZZATI NON FORTIFICATI
IL VINO GRECO RETSINA
Ovvero la parte meno numerosa della famiglia. Un vino su tutti, per storia e notorietà: il greco retsina. Discendente diretto dei vini di resina di epoca romana, il retsina conosce tuttora una larga notorietà in Grecia, ed un ampio consumo soprattutto in accompagnamento alla cucina classica del paese.
Il retsina è prodotto come un qualsiasi vino bianco (ma anche – raramente – rosé), cui viene aggiunta in fermentazione resina di pino, che resta in soluzione nel vino fino alla prima svinatura.
Le maggiori zone di produzione sono l’Attica, l’Eubea e la Boezia, nella parte meridionale della Grecia centrale, vicino ad Atene. Le uve utilizzate sono il Savatiano, il Rhoditis ed il grande Assyrtiko (segno evidente della grande considerazione di cui gode questo vino da parte di chi lo produce).
Nell’isola di Lemnos viene perpetrata la tradizione di produrre retsina con uva Moscato.
Questo particolarissimo vino vede garantita la propria unicità anche dalla legislazione dell’Unione Europea, che impedisce l’utilizzo del nome retsina all’infuori della Grecia e di Cipro (proprio come succede per lo Champagne in Francia).
All’infuori del bacino del Mediterraneo esiste un altro vino aromatizzato con resine, e viene prodotto, seppure in modestissime quantità (e con relativo successo) in Australia Meridionale.
I VINI AROMATIZZATI FORTIFICATI
IL VERMOUTH
Ovvero lo scaffale più consistente in fatto di vini aromatizzati.
Ed anche in questo caso un vino svetta su tutti (anche se insediato da altre notevoli produzioni): il vermouth.
Sotto questo nome ricadono invero prodotti di tipologia e qualità non omogenee – a differenza del retsina – accomunati dal medesimo background produttivo: si tratta infatti di vini fortificati con alcol, addizionati di zucchero (bianco oppure caramellato) ed aromatizzati con estratti di erbe, radici e fiori.
Le produzioni industriali, che coprono la quasi totalità del mercato, prevedono invece l’utilizzo di mistelle e di miscele aromatizzate al posto degli estratti veri e propri.
Il vino di partenza in quest’ultimo caso è sempre bianco, dal gusto neutro ma privo di difetti, che viene decolorato, fortificato e aromatizzato.
Dopo alcuni mesi di contatto con gli aromi la produzione prevede una lieve stabilizzazione tartarica e la tecnica della pastorizzazione. Molte, come dicevamo, le tipologie presenti sul mercato.
IL VERMOUTH BIANCO
Quello bianco, dal gusto lieve e morbido, nonché dal sentore di assenzio più distinto, ha una gradazione alcolica di almeno 16% ed un residuo zuccherino minimo del 14%, percentuali che cambiano per la tipologia “dry”, più alcolico (minimo 18%) e secco (massimo 4%).
IL VERMOUTH ROSE’
Il rosè, ottenuto con una leggera aggiunta di vino rosso, presenta un gusto lievemente speziato; mentre il rosso, ricco di corpo e segnato da un aroma balsamico, deve il proprio colore alla aggiunta di caramello.
Tra i produttori e i prodotti più noti, il Martini, il Cinzano, il Punt e Mes, il Noilly Prat e lo Chambéry francesi.
L’utilizzo di uve di qualità tutt’altro che eccelsa e la produzione per niente confidenziale fanno però del vermouth un vino ben poco ricercato dagli enofili, ma di enorme successo come aperitivo e come base di cocktails quali il Bronx, il Manhattan, il Negroni.
(continua con la seconda parte)
Francesco Annibali