L’ACETO DI VINO E L’USO DELL’ACQUA DI DILUIZIONE:
LA NUOVA NORMATIVA EUROPEA FAVORIRÀ L’INDUSTRIA A SCAPITO DELLE PRODUZIONI ARTIGIANALI?
L’aceto di vino è un prodotto antico e nobile, utilizzato da millenni sia per scopi
alimentari che per usi medicali e nella conservazione alimentare. Ha attraversato
culture e civilizzazioni per acquisire nel secondo dopoguerra una nuova veste
industriale basata sull’esigenza di avere prodotti imbottigliabili e stabili, quindi
molto bassi in alcol residuo ed equilibrati nel tenore acido. L’uso alimentare non è
tra i più importanti se pensiamo che la maggior parte degli aceti sono consumati
con varie modalità nel settore dell’igiene della casa e delle aziende.
Per questo motivo il decreto legislativo 109 del 27 gennaio 1992 prevedeva
all’articolo 7 che l’uso di acqua di diluizione potesse non essere dichiarata in
etichetta nel caso degli aceti. Questo sistema mette invece in difficoltà le
produzioni artigianali da vini a denominazione di origine dove non si aggiunge
acqua ma il rapporto equilibrato tra alcol residuo e acidità non è facilmente
raggiungibile. Per questo, con alcuni colleghi, abbiamo ottenuto che il DL 91 del
24 giugno 2014 consentisse il riconoscimento della categoria degli aceti artigianali
a lunga fermentazione.
Da inizio anno è entrato in vigore il regolamento UE 1.169/11 che cancella tutte le
regole precedenti (compreso il nostro DL 109/92) e nel suo articolo 19-1-C norma
l’acqua aggiunta prescrivendo che quando supera il 5% va indicata in etichetta.
L’aggiunta di acqua con l’obiettivo di standardizzare l’acidità e ridurre il grado
alcolico residuo – per non doverlo indicare in etichetta bisogna stare sotto 1,2%
vol. sempre secondo la UE – è una legittima pratica industriale ma desta stupore la
motivazione con cui la Commissione UE che esamina il suo stesso regolamento, sta
cercando di giustificare la mancata indicazione in etichetta. Secondo voci al
momento ufficiose, questo sarebbe il tenore del pensiero comunitario: “Essendo
l’acqua parte della materia prima di base (il vino) e pertanto non potendo
classificarsi come altro ingrediente aggiunto ne può essere omessa la precisazione
nell’elenco degli ingredienti”.
E voilà. Se questa tesi passa, sarebbe davvero un colpo da maestro. Certo
l’Europa ha problemi più grandi ma per noi agricoltori che nel seme
intravvediamo l’albero…vi lascio immaginare.
Claudio Rosso, enologo e produttore di aceto artigianale
Alba, 24 luglio 2015