Intervista a Roberto Potentini, Enologo della cantina Belisario
Civitanova – E’ Roberto Potentini, Enologo della cantina Belisario di Matelica (Mc), il primo protagonista di Civitanova Wine Festival, in programma i prossimi 14 e 15 aprile all’ente fiera di Civitanova Marche.
Enologo e produttore dell’apprezzato Verdicchio di Matelica, Roberto Potentini si è portato a casa anche il massimo riconoscimento Tre Bicchieri grazie al Cambrugiano Riserva 2002 (l’ho letto su cronache maceratesi) e sabato 14 aprile battezzerà l’Arena Wine con un’interessante rubrica dedicata alle origini, la situazione attuale e lo sviluppo del mondo vitivinicolo marchigiano, parlando del bianco italiano più importante, il Verdicchio.
Comunicare il vino nelle Marche. Qual è il valore aggiunto dei vini marchigiani?
Comunicare il vino oggi è importante e se una città come Civitanova si mobilita per fare festa intorno al vino deve essere assolutamente sostenuta dai produttori. Se devo dare una motivazione “volgare” dico che i vini marchigiani hanno un rapporto qualità prezzo eccellente soprattutto in questo periodo di crisi. La motivazione nobile invece è che il vino marchigiano ha quello che in Italia chiamamo genius loci. Ossia, i vini marchigiani sono scientificamente distinguibili, tipici e non sono riproducibili sul profilo sensoriale. Il vino marchigiano ha carattere, una Vernaccia di Serrapetrona, un Verdicchio di Matelica, una Lacrima di Morro d’Alba in mezzo a cento bianchi e cento rossi è assolutamente riconoscibile. Oggi il valore aggiunto di un vino è proprio questo: fare vini buoni e riconoscibili al tempo stesso.
Le Marche, patria dei migliori vini doc ma che non sappiamo vendere. E’ vero?
Sì è vero, noi marchigiani non siamo autocelebrativi, spesso giochiamo a sminuirci tra quartieri piuttosto che fare squadra come fanno invece i toscani, i piemontesi e i francesi. Loro riescono a dimostrare più di quello che sono, noi riusciamo a fare esattamente il contrario. E’ anche vero che nelle terre senesi, per esempio, la viticoltura occupa una posizione privilegiata rispetto a tanti altri settori, nelle Marche si dà la priorità a costruire capannoni, strade, rispetto alla vera vocazione del territorio. In Francia hanno più rispetto del territorio, nelle nostre parti i territori ad alta vocazione agroalimentare vengono sfruttati per costruire di tutto di più, non c’è una valle integra e sana dove l’agroalimentare regna, eppure sarebbe un bel biglietto da visita.
Il vino potrebbe essere un business nelle Marche?
Il settore agroalimentare è l’unico che può migliorare il mondo occupazionale. Qui si è andati a sbattere la testa contro il muro su situazioni già preannunciate. Che la nostra industria potesse andare in crisi si sapeva da tempo perché tutto ciò che è delocalizzabile con la globalizzazione viene appunto delocalizzato laddove è più conveniente. Invece il vino non è delocalizzabile, se il mondo cerca il verdicchio di Matelica o la Lacrima di Morro d’Alba o il Bianchello del Metauro lo trova solo qui. Il resto può comprarlo altrove e dove costa meno. L’agroalimentare rappresenta un monopolio di fatto della produzione.
Il mondo del vino interessa ai giovani?
I giovani stanno acquisendo una grande cultura del vino. Il vino oggi fa tendenza basta vedere quanti fanno il corso per diventare sommelier, corsi slow food, tutto ciò che riguarda il mondo del vino oggi fa moltissima tendenza. La conoscenza del vino è nobilitante e qualifica molto la persona e il giovane maturo, parliamo di quello dai 25 ai 35 anni, che ha un’enorme attenzione verso tutto ciò che è particolare ed intrigante.
Uff. Stampa Enogastronomia.it
Giorgia Giannetti