Come il settore delle birre artigianali incide sul mercato
Pare che la birra sia la bevanda alcolica più antica della storia dell’uomo. In una poesia sumera risalente a 3.900 anni fa, è celebrata la dea Ninkasi, divinità protettrice della birra, e nello stesso scritto viene citata la ricetta della birra.
In Italia il suo percorso è stato piuttosto travagliato. La realtà dei fatti è che fino alla metà dell’Ottocento la birra è stata un prodotto con un consumo limitato a pochi appassionati, solitamente appartenenti a una fascia di popolazione economicamente medio-alta. Era del tutto estranea alla tradizione del nostro Paese, fin dall’antichità molto legata al consumo di vino. La produzione di birra risultava limitata a laboratori artigianali, con produzioni occasionali e spesso legate a impieghi temporanei e locali. Le birre di qualità erano normalmente importate dal Nord Europa, soprattutto dall’Austria. Verso la fine dell’800, in concomitanza con la rivoluzione industriale, sono nate le prime imprese italiane, che sviluppavano circa 160.000 ettolitri annui di birra.
La prima parte del ‘900, anche a causa delle due guerre mondiali, è coincisa con un periodo di forte difficoltà e sono state numerose le aziende che hanno dovuto chiudere i battenti. A partire dagli anni Sessanta, complice il boom economico e l’avvento della grande distribuzione, la birra è diventata un prodotto di uso comune. Nel 1975 la produzione è arrivata a otto milioni di ettolitri, con un consumo pro-capite annuo che sfiorava i sedici litri.
Ancora oggi comunque l’Italia è, insieme alla Francia e alla Grecia, il Paese con il tasso di consumo di birra più basso d’Europa, circa 35 litri pro-capite all’anno. Contrariamente a quanto si possa pensare non è la Germania la nazione con il consumo più elevato perché quest’ultima è preceduta da Repubblica Ceca (129 litri), Austria (101 litri) e Polonia (92).
Ritengo importante a questo punto sottolineare un fenomeno che interessa l’Italia da un decennio a questa parte: sono triplicati i birrifici artigianali, che nel 2022 hanno superato le 1.085 realtà, e le esportazioni, cresciute del 12%.
Una crescita che va di pari passo con l’aumento dell’utilizzo di materie prime Made in Italy: il luppolo ha raggiunto un milione di metri quadrati coltivati, ai quali si aggiungono 300 milioni destinati all’orzo per la produzione di malto. Numeri che possono solo crescere perché al momento il fabbisogno nazionale è coperto solo per il 40%.
Nel primo salone della birra artigianale Made in Italy sono stati esposti 81 campioni di luppolo per 20 varietà nazionali che provengono dal Veneto, dall’Emilia Romagna, dalla Lombardia, dalle Marche, dal Piemonte, dal Lazio, dal Friuli, dal Trentino, dalla Liguria e dalla Basilicata. La filiera della birra artigianale italiana che inizia dal campo e si chiude a tavola, porta lavoro a circa 93.000 addetti, che tradotti in euro sono 9,5 miliardi di fatturato annuo.
La scelta della birra come bevanda è diventata negli anni sempre più raffinata tanto che si potrebbe azzardare un parallelo con il vino: anche per la birra il territorio di provenienza caratterizza il prodotto, che si differenzia grazie alle tipicità della regione di origine; anche nel settore della birra emerge la capacità dei nostri imprenditori di investire e conquistare nuovi mercati valorizzando ancora una volta l’unicità del territorio.
È noto che il segmento dell’enogastronomia sia in forte crescita nell’ambito del settore turistico, in tutta Europa ma in particolare nel nostro Paese. Il turista cerca una molteplicità di proposte, come esperienze enogastronomiche nei ristoranti, nelle aziende agricole, nelle cantine vinicole e anche nei birrifici. Per accontentarli è nato anche il Passaporto della Birra: questo passaporto è disponibile nella regione Marche, dedicato alla scoperta, è un modo divertente per collezionare timbri e vincere premi, oltre a ottenere sconti dai vari birrifici che aderiscono all’iniziativa.
Il viaggio nell’enogastronomia italiana continua e riserva storie a volte sorprendenti, il comune denominatore è una certezza: incontriamo eccellenze a non finire.
Arrivederci alla prossima tappa.
Michele Chiericozzi